Ricorso del Presidente del consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i  cui  uffici  in
 Roma,  via  dei  Portoghesi, 12, e' domiciliato, contro il presidente
 della   giunta   della   regione   Umbria   per   la    dichiarazione
 dell'illegittimita' costituzionale della legge regionale, riapprovata
 il 26 febbraio 1990, recante "ulteriore modificazione ed integrazione
 (nota  alla  voce  n.  1 della tariffa allegata) della l.r. 28 maggio
 1980,  n.  57.  Nuova  disciplina  delle  tasse   sulle   concessioni
 regionali"  in  relazione  all'art.  119  della  Costituzione nonche'
 all'art. 3 della legge 16 maggio  1970,  n.  281,  ed  all'undicesimo
 comma  della  nota  alla  voce  n. 15, titolo IV, della tariffa delle
 tasse sulle concessioni governative annessa al testo unico  approvato
 con d.P.R. 1› marzo 1961, n. 121.
    La  regione Umbria, con legge 28 maggio 1980, n. 57, ha dettato la
 nuova discipina delle tasse sulle  concessioni  regionali.  Nel  nono
 comma  della  nota alla voce n. 1 dell'annessa tariffa (sub titolo I,
 igiene e sanita') -  concessione  per  l'apertura  e  l'esercizio  di
 farmacie   -   ha  precisato,  conformemente  alla  previsione  della
 corrispondente disciplina statale di cui al testo unico approvato con
 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  1›  marzo  1961,  n. 121
 (undicesimo comma della nota al n. 15 della tariffa, sub  titolo  IV,
 igiene,  sanita'  zootecnica, concessione per l'apertura ed esercizio
 di farmacia), essere esenti da pagamento  della  tassa  relativa  "le
 farmacie   gestite  in  comuni  con  popolazione  inferiore  a  5.000
 abitanti,  i  cui  titolari  godono  dell'indennita'   di   residenza
 stabilita  dall'art.  115  del  testo  unico  delle  leggi  sanitarie
 approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 e successive modifiche".
    In data 23 ottobre 1989 la regione ha deliberato una legge recante
 "ulteriore modificazione ed integrazione (nota alla voce n.  1  della
 tariffa  allegata) della legge regionale 28 maggio 1980, n. 57. Nuova
 disciplina delle tasse sulle concessioni regionali".
    L'unico  articolo  di tale legge dispone la soppressione, dal nono
 comma della nota numero d'ordine 1, titolo I della  tariffa  allegata
 alla  l.r. 28 maggio 1980, n. 57, della parola "gestite in comuni con
 popolazione inferiore a 5.000 abitanti".
    Tale  disposizione  ha  formato  oggetto  di  rilievo da parte del
 Governo, il quale ha disposto il rinvio al consiglio regionale per un
 nuovo  esame  denunziando  che  la prevista estensione dell'esenzione
 dalla tassa di concessione regionale alla generalita' delle  farmacie
 beneficiarie  dell'indennita'  di  residenza, senza alcun riferimento
 alla popolazione dei relativi comuni, si pone in contrasto con l'art.
 3  della  legge  n. 281/1970 (impositivo della conformita' alle norme
 della legislazione statale invariata) stante la sua difformita' dalle
 previsioni della tariffa annessa al testo unico approvato con decreto
 del Presidente della Repubblica n. 121/1961.
    Giusta  comunicazione pervenuta al commissario del Governo in data
 2 marzo 1990, il consiglio regionale, nella seduta  del  26  febbraio
 1990,  ha riapprovato senza modifiche la legge in discorso, che viene
 percio'  dedotta  ad   oggetto   del   ricorso   per   illegittimita'
 costituzionale qui proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri
 in base alla delibera consiliare che sara'  prodotta  con  gli  altri
 atti.
      Secondo  la  giurisprudenza  della Corte (sentenze nn. 271/1986,
 272/1986, 214/1987 e  321/1989)  la  potesta'  normativa  in  materia
 tributaria  delle  regioni  a  statuto  ordinario  non  ha  carattere
 strumentale rispetto alle singole  materie  nelle  quali  l'art.  117
 della  Costituzione attribuisce a queste competenze legislative e non
 e' quindi estensivamente riconducibile alle materie  anzidette;  essa
 ha invece un suo specifico oggetto ed una sua autonomia di contenuto,
 concernendo operazioni che originano rapporti di prestazione coattiva
 patrimoniale in base a un potere di supremazia dell'ente regione.
    Tale  potesta', esplicazione necessaria dell'autonomia tributaria,
 aspetto dell'autonomia finanziaria,  trova  la  sua  fonte  normativa
 specifica nell'art. 119 della Costituzione.
    Essa  opera  in  funzione meramente attuativa delle leggi statali,
 garantita peraltro direttamente dalla Costituzione  e  svincolata  da
 ogni discrezionalita' del legislatore statale.
    La  potesta' normativa in questione e', in particolare, sottoposta
 a "forme" e "limiti" - rispettivamente attinenti alla  tipologia  dei
 tributi,  quanto  a  configurazione  ed  elementi  costitutivi, ed al
 momento  quantitativo  -  la  cui  determinazione  e'  demandata   al
 legislatore  statale dall'art. 119 della Costituzione, che da' quindi
 piena giustificazione e  funzionalita'  all'art.  3  della  legge  16
 maggio 1970, n. 281, norma base in materia di tasse sulle concessioni
 regionali.
    Il  nucleo  fondamentale  della  disciplina  dettata dall'articolo
 ultimo citato (non toccato dalle integrazioni e modifiche di cui alla
 legge  n.  594/1974 ed all'art. 25 del d.-l. n. 55/1983 convertito in
 legge  n.  131/1983,  che,  tra  l'altro,  fissano  i  limiti   delle
 maggiorazioni  successive  dei  tributi  in  questione)  attiene alla
 necessaria corrispondenza tra  gli  atti  imponibili  adottati  dalle
 regioni  e  quelli  gia'  di competenza dello Stato assoggettati alle
 tasse sulle  concessioni  governative  ai  sensi  della  legislazione
 statale  vigente  al  momento  del  trasferimento;  accessiva  a tale
 presupposto  e'  la  predeterminazione  dell'ammontare  delle   tasse
 regionali  con  riferimento percentuale, tra un massimo ed un minimo,
 all'ammontare  delle  corrispondenti  tasse  erariali.   E'   inoltre
 stabilita  l'applicabilita',  per  quanto non disposto dalla legge n.
 281/1970, delle norme statali sulle tasse di concessione governativa.
    Orbene,   in  tale  contesto  non  e'  dato  alla  regione  Umbria
 svincolarsi dal preciso parametro  di  riferimento  costituito  dalla
 disciplina  statale  delle  tasse  di  concessione  per  l'apertura e
 l'esercizio di farmacie estendendo l'esenzione di tale tributo  oltre
 i  limiti  stabiliti  dalla disciplina predetta (recata dalla tariffa
 annessa al testo unico approvato con d.P.R. 1› marzo  1961,  n.  121:
 titolo IV, n. 15, undicesimo comma, delle note).
    Deve  in  altri  termini  contestarsi  la legittimita' della norma
 regionale in epigrafe che,  lungi  dal  porsi  come  attuativa  della
 previsione  tributaria  statale,  spezza  la  "corrispondenza"  e  la
 conformita' alle  norme  di  legislazione  statale  invariata  volute
 dall'art.  3  della  legge  n.  281/1970  sottraendo  all'imposizione
 situazioni  e  soggetti  gia'   ricomprensivi   secondo   l'anzidetta
 previsione,  rispetto  alla  quale la norma medesima assume carattere
 derogatorio e di diritto singolare.
    E'  per  altro verso da sottolineare che la definizione dei limiti
 di  ogni  esenzione  -  rapportata  a  valutazioni  di  imponibilita'
 soggettiva  ed  oggettiva  che  portano ad escludere nelle situazioni
 considerate l' an stesso del debito d'imposta -  incide  propriamente
 sui   presupposti  e  sulla  configurazione  del  tributo,  cioe'  in
 quell'ambito che l'art. 119 della Costituzione vuole  riservato  alla
 competenza del legislatore statale.